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Fabrice Bernasconi Borzì is a Swiss-Italian artist, born in Geneva in 1989, where he completed his studies graduating in Construction at HEAD in 2016. Since 2018, he has been living and working in Catania, where he obtained a second level academic diploma in Visual Arts at the Academy of Fine Arts.
This relocation for the artist is a sort of journey backwards, in reverse to that made by many of his peers: in moving from the North to the South of Europe, he attempts to rediscover a cultural otherness, peculiar to his places of origin, which is functional to his work as an artist. This national and existential dualism, this dual citizenship, with the resulting contradiction, underlies the balanced conflict between forces that his work intends to express.
The formal elements used more often than not are simple, minimal or depotentiated, almost as if to subvert the ‘usual’ with the use of a paradoxical and at times provocative language, of Dadaist matrix, which does not disdain quotations and recuperation. The intent is clear, as it develops a series of questions about the very meaning of ‘making’, its implicit conceptual assumptions, and how this is interpreted within the current art system. From these assumptions moves a reflection on human beings and their alienation from existence, in a dichotomy that politically picks up the tradition of the conflict between productive and social forces, against hegemonic and capitalist powers.
His seems to be a kind of philosophy of idiocy, whose linguistic structure – often precarious forms and extemporary assemblages – is the result of an oxymoronic ‘discipline of the provisional’ that at times recalls a certain intellectual intent of situationist détournement seen from the process perspective of a rigorous and methodical behaviourism. Contradiction in terms that leads him to work, with obstinate discipline, on complex concepts such as loss, precariousness and resilience, hidden under the expressive stratagem of ill-concealed irony. Under these conditions, nihilism and history, defeatism and teleology are one and the same, posing a form of active and catalysing resistance. This is the conjunction of philosophy and revolt, of belief, of subversion and belonging. Politics and poetry in the raw gesture of balancing despite the evidence of facts.
Fabrice Bernasconi Borzì sees himself as a ‘sponge and a thief of ideas, but he is working hard to be, truly, what he is’.
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Fabrice Bernasconi Borzì è un artista italo-svizzero, nato a Ginevra nel 1989, dove ha completato gli studi laureandosi in Construction presso la HEAD nel 2016. Dal 2018 vive e lavora a Catania, dove ha conseguito il diploma accademico di secondo livello in Arti visive presso l’Accademia di Belle Arti.
Questo trasferimento per l’artista è una sorta di viaggio a ritroso, inverso rispetto a quello compiuto da tanti altri suoi coetanei: nel passaggio dal Nord al Sud dell’Europa tenta di ritrovare un’alterità culturale, peculiare dei luoghi d’origine, funzionale al suo lavoro d’artista. Questo dualismo nazionale ed esistenziale, questa doppia cittadinanza, con la contraddizione che ne consegue, si pone alla base dell’equilibrato conflitto tra forze che la sua opera intende esprimere.
Gli elementi formali adoperati il più delle volte sono semplici, minimali o depotenziati, quasi a sovvertire il ‘consueto’ con l’uso di un linguaggio paradossale e a tratti provocatorio, di matrice dadaista, che non disdegna citazionismo e recupero. L’intento è chiaro, poiché sviluppa una serie di domande sul senso stesso del ‘fare’, dei suoi impliciti presupposti concettuali, nonché su come tutto questo venga interpretato entro l’attuale sistema dell’arte. Da questi presupposti muove una riflessione sugli esseri umani e sulla loro alienazione dall’esistenza, in una dicotomia che raccoglie politicamente la tradizione del conflitto tra forze produttive e sociali, contro i poteri egemonici e capitalistici.
La sua sembra essere una specie di filosofia dell’idiozia, la cui struttura linguistica -spesso forme precarie e assemblaggi estemporanei- è il risultato di una ossimorica ‘disciplina del provvisorio’ che a tratti ricorda un certo intento intellettuale da détournement situazionista visto dalla prospettiva processuale di un comportamentismo rigoroso e metodico. Contraddizione in termini che lo porta a lavorare, con ostinata disciplina, a concetti complessi come perdita, precarietà e resilienza, nascosti sotto lo stratagemma espressivo di una malcelata ironia. A queste condizioni, nichilismo e storia, disfattismo e teleologia sono un tutt’uno, ponendo in essere una forma di resistenza attiva e catalizzante. Questa è congiunzione di filosofia e rivolta, di credo, di sovversione e appartenenza. Politica e poesia nel gesto crudo dello stare in equilibrio nonostante l’evidenza dei fatti.
Fabrice Bernasconi Borzì si considera una “spugna e un ladro di idee, ma che lavora sodo per essere, veramente, quello che è”.